Secondo Agata Christie, forse la più grande giallista che si ricordi, “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova”.
In base a tale teoria, non dovremmo essere lontani dalla riconferma di Draghi, allontanando una crisi di Governo che potrebbe essere devastante per il nostro Paese. Lunedì il Primo Ministro in carica si è recato, accompagnato, nota bene, da una delegazione di ben 6 ministri, in Algeria per un incontro, per quanto già in agenda da tempo, fondamentale per assicurare forniture di gas in grado di superare i maggiori consumi invernali e futuri. Ieri sera ha telefonato a Zelensky, e di certo non si è trattato di un commiato. Al di là di un attivismo “diplomatico” improbabile per un Capo di Governo che da oggi potrebbe essere un “ex Capo di Governo”, va segnalato anche “l’attivismo politico” di Draghi, che ieri ha incontrato gli esponenti dei due più importanti schieramenti politici che lo sostengono. Anche questo un segnale, probabilmente sotto la “moral suasion” di Mattarella, che per l’ennesima volta si sta adoperando, sempre nel rispetto dei ruoli costituzionalmente previsti, per una soluzione che metta, nei limiti del possibile, in “sicurezza” il nostro Paese. Come non più tardi di ieri ci ricordano Moody’s e Fitch, due tra le maggiori società di rating (ma non c’era bisogno di loro per averne contezza), senza Draghi per il nostro Paese la strada si farebbe ben più difficile. Al di là dell’instabilità politica (aspetto, peraltro, che a breve si riaffaccerà, avvicinandosi il tempo delle elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento), le implicazioni sulla situazione finanziaria, economica, sociale sarebbe gravissime e molto evidenti. Già nell’ipotesi di “continuità” governativa, secondo Fitch “i conti faranno fatica a tornare”, con un deficit che si allarga rispetto a quanto previsto dal Governo (5,9% del PIL contro il 5,6% stimato), con una “coda” l’anno prossimo, quando, sempre secondo la società di rating migliorerà, scendendo al 4,5%, lontano, però, dal 3,9% sempre stimato dal Governo. E secondo Moody’s, per quanto la permanenza di Draghi sia fondamentale, da qui alla primavera le tensioni politiche saliranno non di poco, rendendo certamente meno semplice il lavoro del Governo.
Da persona di grandissima competenza quale è, Draghi ne è ben consapevole: e forse proprio questo è l’aspetto più critico sulla strada della riconferma. La permanenza o meno di quello che rimane del M5S è, da molti osservatori, ormai considerato un “non problema”: il problema vero potrebbero essere le future fibrillazioni e convulsioni della politica mano a mano che ci si avvicina alla scadenza elettorale di primavera Probabile, quindi, che Draghi, prima di decidere, voglia arrivare ad una vera e propria verifica politica, ottenendo dai partiti che lo appoggiano un “mandato forte” che gli permetta di portare avanti lo “sporco lavoro” che altri non sarebbero in grado di fare (perché di questo si sta parlando). In perfetta coerenza, quindi, con il personaggio, la cui intransigenza e serietà sono alla base della sua credibilità internazionalmente riconosciuta. Che si traduce, a ben vedere, in “credibilità per il nostro Paese, che mai, forse, è arrivato a “contare” così tanto in Europa (e non solo in Europa). Credibilità che si traduce, ovviamente, in vantaggi (o minori svantaggi) in molti ambiti: basti pensare allo
spread, uno dei principali (se non il principale) “termometri” della situazione del Paese, o ai giudizi positivi espressi dai maggiori organismi finanziari e politici europei, che si chiamino BCE o Commissione Europea, su quanto sta facendo il nostro Paese.
Intanto l’emergenza (finanziaria, economica, sociale e ora anche climatica) continua, richiedendo interventi continui.
Va visto in tal senso il provvedimento di proroga dello “sconto accise” (circa 30 centesimi) sino al 21 agosto, mentre in Europa si inizia a discutere su un piano di risparmio energetico per il prossimo inverno. L’ipotesi è una partecipazione (per il momento su base volontaria, ma che potrebbe trasformarsi in obbligatoria in caso gli interventi fossero insufficienti) dei Paesi membri, che contribuiranno con una riduzione del 15% dei propri consumi già dal prossimo 1 agosto alle forniture agli Stati maggiormente in difficoltà sul fronte energetico. E domani scatterà l’ormai attesissimo rialzo dei tassi in Europa, con la BCE ancora incerta sull’entità della misura (0,25 o 0,50%?).
Giornata quasi euforica quella di ieri per i mercati, con rialzi che, in alcuni casi (Nasdaq) hanno superato il 3%. A “dare il là” al rimbalzo nessun particolare motivo: la sensazione è che i mercati abbiano talmente “abbassato l’asticella”, con un pessimismo dilagante, che forse basta una notizia “meno negativa” del previsto (vd, per esempio, Netflix, che ieri sera ha comunicato che anche nel periodo aprile-giugno ha perso clienti, però meno di quanto atteso, per cui il titolo, nel dopo borsa, saliva del 7%) per dare slancio al rialzo. In più, il Financial Times riporta la notizia che Ucraina e Russia sarebbero molto vicine ad un accordo che permetterebbe la libera navigazione sul Mar Nero, mentre Reuters sostiene che il gasdotto North Stream 1, in manutenzione da un a decina di giorni, dovrebbe tornare regolarmente in funzione tra oggi e domani.
I rialzi proseguono nella mattinata asiatica: Nikkei + 2,37%, Shanghai + 0,74%, Hong Kong + 1,37%. Bene anche l’Australia (+ 1,5%) e Seul (+ 0,7%).
Futures ben intonati su tutte le piazze.
Petrolio in leggero calo, a $ 99,29 (WTI).
Gas naturale a $ 7,256 (- 0,29%).
Si riporta verso i $ 1.700 l’oro, in calo anche questa mattina (1.705, – 0,39%).
Lo spread riparte da 207 bp, un calo che è figlio, probabilmente, dell’ottimismo sulla chiusura della crisi politica.
Rendimento del BTP intorno al 3,20%.
Treasury Usa al 3,02%.
Continua la (relativa) debolezza del $, con €/$ a 1.0256: in poche sedute il biglietto verde ha ceduto quasi il 2% nei confronti della moneta unica.
Bitcoin a $ 23.722, massimo da oltre 2 mesi (+ 9%), segno evidente di come il “ritorno” al rischio favorisca le criptovalute.
Ps: il bacio è forse il gesto di amore più noto e riconoscibile al mondo. Negli ultimi 2 anni e mezzo forse ha perso, a causa della pandemia, una parte del suo significato, essendosi ridotti non di poco i contatti fisici tra le persone. Tutti pensiamo che sia il più umano dei gesti. Stupisce non poco, quindi, venire a sapere che in realtà è nato ben prima dell’uomo. Pare, infatti, che ha “inventarlo” non sia stato l’uomo, ma gli “ominidi”. Le scimmie, da ci discendiamo, usavano premasticare il cibo e imboccare i cuccioli aiutandosi con la lingua. Da qui la ragione per cui il bacio è considerato il più grande gesto di amore, di intimità e di dedizione.